Ai sensi dell’art. 12 bis, L. n. 898 /1970 il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (divorzio) ha diritto, se non passato nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno divorzile, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l’indennità viene maturata dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
La titolarità della quota del TFR è subordinata alla sussistenza di tre presupposti:
1. che la domanda relativa all’indennità sia formulata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio;
2. che il coniuge richiedente non abbia contratto un nuovo matrimonio;
3. che il richiedente sia titolare dell’assegno di divorzio.
Tuttavia, la questione più dibattuta è relativa alla sussistenza di tale diritto nel caso in cui l’indennità sia percepita prima del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
A tal proposito, nella giurisprudenza di legittimità si è affermata la seguente soluzione: la quota del TFR è dovuta anche se l’indennità è stata percepita prima della sentenza di divorzio, purché sia stata percepita dopo il deposito del ricorso introduttivo (Cass., 6 giugno 2011, n. 12175; Cass., 10 novembre 2006, n. 24057, Cass., 18 dicembre 2003, n. 19427; Cass., 7 giugno 1999, n. 5553).
Alla luce di tale opzione ermeneutica dovrà essere risolto anche il problema delle eventuali anticipazioni che il lavoratore abbia ottenuto prima della cessazione del rapporto di lavoro: le anticipazioni ottenute dopo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio di divorzio andranno divise fra gli ex coniugi secondo la previsione della norma in commento; le anticipazioni percepite prima di tale momento resteranno invece definitivamente nella titolarità del soggetto che le ha percepite (Cass., 18 dicembre 2003, n. 19427; Cass., 27 giugno 1995, n. 7249).
La domanda, dovrà presentarsi con ricorso ed è competente il Tribunale, che decide in camera di consiglio. È poi discusso se la domanda sia ammissibile nel corso del giudizio di divorzio (lo ammette Cass., 27 giugno 1995, n. 7249, mentre lo nega App. Milano, 4 maggio 1993).